Descrizione

Ci sono personalità della cultura architettonica veronese che non solo hanno lasciato importanti testimonianze della loro opera ma che, soprattutto, hanno perfettamente incarnato lo spirito del loro tempo trovandosi a vivere anni cruciali per la formazione dell’immagine della città. Una di queste è stato sicuramente Marcello Zamarchi, nato a Venezia nel 1907 ma veronese d’adozione, che nella sua prolifica carriera, iniziata subito dopo la laurea conseguita a Venezia nel 1931, spazia dall’urbanistica all’architettura sacra, dall’edilizia monumentale a quella industriale, dal restauro all’arredamento di interni. Ma non solo. All’attività professionale affianca importanti incarichi pubblici come membro della commissione urbanistica (1946-47), della commissione per il paesaggio presso la Soprintendenza (1947-50) e di quella edilizia comunale (1953-58), e poi come presidente dell’Ordine degli Architetti (1965-67), trovandosi sempre, quindi, al centro del dibattito sulle vicende della città.  Stupisce riconoscere nel suo vastissimo curriculum i tasselli che hanno formato la “visione condivisa” della città: la sistemazione delle brecce nelle mura e dei valli, i ponti, il progetto per la stazione di Porta Nuova, gli edifici di piazza Renato Simoni e Pradaval. Il linguaggio della sua architettura, supportato da una notevole abilità nel disegno, va da un iniziale sobrio Novecentismo fino ad un più spinto tardo-razionalismo, nelle ultime opere piegate alle esigenze di standardizzazione edilizia imposta dalla ricostruzione. Gli ultimi anni sono quasi esclusivamente dedicati all’architettura sacra e alla pittura, sua costante passione. Muore a Verona il 2 novembre 1990.

F. Guerra, Marcello Zamarchi a Verona, Itinerario, in «Architettiverona», n. 110, 2017, pp. 92-99.

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