Descrizione

Gelindo Giacomello (1918-2011)

Nasce a Sarego Vicentino nel 1918 da una famiglia di modesta estrazione sociale che fatica ad allevare gli undici figli, tanto che la maggior parte di essi ben presto lascia la famiglia di origine per emigrare in altre città italiane ed estere in cerca di lavoro. L’unico figlio che dimostra capacità e talento è Gelindo, che viene iscritto ad una scuola serale per il disegno a Cologna Veneta, dove si diploma nel 1937. Lo stesso anno si iscrive all’Accademia di Belle Arti Cignaroli di Verona che frequenterà fino al 1939, quando verrà richiamato per il servizio militare e trattenuto per lo scoppio della guerra. Nonostante gli eventi bellici, nel 1941 riesce a diplomarsi al Liceo Artistico di Brera come privatista, con l’aiuto del fratello operaio che lo ospiterà a Milano anche nel periodo universitario. Questa prima parte della sua formazione, fortemente centrata sulle arti figurative, lascerà tracce importanti nella sua produzione che si distinguerà sempre per una forte connotazione pittorica e una grande padronanza del disegno. Iscrittosi al Politecnico di Milano, si laurea nel 1953, frequentando i corsi di Gio Ponti ed assorbendo appieno il clima di fermento e fiducia nella modernità che si respira in quegli anni nella Milano postbellica. Il 6 luglio dello stesso anno si iscrive all’Ordine degli Architetti della provincia di Verona. Ma appena laureato torna subito a Cologna Veneta, dove inizia a insegnare in un Corso professionale per capimastro e muratori: l’attività didattica accompagnerà per lungo tempo l’attività professionale, inizialmente per motivi economici, ma in seguito anche per le sue comprovate capacità di trasmettere ai giovani le proprie competenze, faticosamente costruite negli anni della formazione. A questi anni infatti appartengono sia la realizzazione del primo progetto, e cioè la Chiesa della Madonna di Lourdes a Forette di Vigasio (1957), sia il trasferimento a Rovereto (Trento) come Direttore della locale Scuola di Formazione Professionale ENAIP “G. Veronesi” (1959). La permanenza a Rovereto si protrarrà fino al 1964, quando, rientrato a Verona, e stabilito il proprio studio prima in via Da Verrazzano e poi, dal 1966, ad Arbizzano, si aprirà la stagione dei progetti più importanti. Fervente cattolico, entrerà in contatto con la curia veronese e in particolare con Mons. Carraro, cui lo legherà una profonda amicizia da cui probabilmente scaturì la lunga serie di incarichi per la realizzazione di chiese e parrocchiali nella provincia veronese. In questi anni lo studio, che lavora a pieno ritmo, si avvale della consulenza dell’ing. Martinelli e, saltuariamente, degli ingg. Cossini e Travenzolo e collaborando anche con l’arch. Orio Trevisan. Fondamentale in quegli anni anche la lunga amicizia con lo scultore Carlo Bonato, che lo avvicinerà alle arti plastiche, nelle quali lo stesso Giacomello si cimenterà con discreto successo, e che influenzerà la sua percezione dei materiali ‘edili’, come il cemento armato, nel senso di una forte malleabilità e plasmabilità.
L’eredità più corposa di Gelindo Giacomelo resta quella delle circa sedici chiese costruite nel Veronese e nelle province di Foggia e di Chioggia e culminerà con il progetto non realizzato della Cittadella dello Spirito Santo a Palestrina (Roma) negli anni ’80, che rappresenta la summa del suo pensiero architettonico ma anche della sua profonda fede cristiana. L’originalità del suo linguaggio risente del dibattito nazionale di quegli anni sui temi dell’architettura sacra, che spingeva nel senso di una sperimentazione di forme e materiali e ad una inedita spazialità: l’uso del calcestruzzo spinto alle sue massime prestazioni, lo apparenta a buon titolo, pur nella connotazione di provincialità della sua figura, alle contemporanee opere di Giò Ponti e di Nervi.

F. Guerra, Strutturalismo ecclesiastico, Itinerario, in «Architettiverona», n. 107, 2016, pp. 94-101.

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